lunedì 3 novembre 2014

The abyss



Torno, dopo tanto tempo, a postare. Un po' perché in questi giorni si festeggia il secondo compleanno di questo blog (con un mesetto di ritardo in effetti. Qui se volete, il primo post), un po', per non dire soprattutto, sull’onda emotiva dell’incontro Archeoblogger tenutosi sabato scorso a Paestum (cercate archeoblogger su google e troverete gran parte dei post dedicati a questo tema). AGGIORNAMENTO: il post di Filelleni.
AGGIORNAMENTO 2: il post di Professione Archeologo.

Sabato pomeriggio, intorno al tavolo allestito nel Museo di Paestum c'erano sicuramente le migliori energie dell’archeologia italiana. Non parlo ovviamente di me ;-), ma di tutti (ed erano tanti!) quelli che hanno parlato delle loro (tante) professionalità. Avevano tutti un elemento in comune. Quale? Non certo le tecnologie, né le metodologie, né le specializzazioni. Tutti coloro che hanno contribuito all'evento, dal tavolo e dalla platea, erano persone che hanno deciso di continuare a credere ostinatamente che l’archeologia potesse essere professione. Trascurati dalla formazione e irrisi dall'accademia, invisibili alla politica e invisi agli apparati ministeriali, sono infatti questi professionisti del proprio destino a tenere viva l’archeologia e ad evitarne la mummificazione anzitempo.


Senza bisogno di aspettare una legge che confermi la visibilità o il riconoscimento di una professione i blogger, i comunicatori, i digitali, i creativi (io preferisco pensare che siano semplicemente archeologi) dimostrano nel loro lavoro quotidiano l’esistenza della professione stessa e provano in modo chiaro che il destino dell'archeologo non è una scelta drammatica fra l'illusione della ricerca e l'umiliazione della ruspa. Comunicando, filmando, disegnando, raccontando e postando danno forma ad un'archeologia che se volete è un po' indie e underground, ma è sicuramente molto più viva e sana di quella che si coglie nelle aule di una Università o tra le vetrine di un museo, dove aleggia una disciplina debole ed incompiuta, che costa molto e produce poco: pochi risultati, poca innovazione, poco lavoro.


I racconti appassionati e sorridenti di chi ha animato archeoblogger 2014 hanno mostrato quanto profondo sia l’abisso fra chi contribuisce pragmaticamente e quotidianamente a definire i tratti dell’archeologia nel XXI secolo e chi si aggira nei corridoi sempre più deserti di ministeri ed università, dove è evidente che l’innovazione non arriverà mai.

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...