martedì 2 ottobre 2012

Cannoni e farfalle



Personaggi:
Salviati, un archeologo appassionato di tecnologie 
Simplicio, un archeologo esperto di ceramica
Sagredo, uno studente di archeologia che sta disegnando reperti per la sua tesi

Luogo dell’azione:
Intorno ad un tavolo pieno di cocci e fogli da disegno, in un oscuro laboratorio di archeologia. La poca luce proveniente dall'alto illumina enormi scaffali pieni di cassette di materiali. In lontananza i rumori della città.


Salviati: Abbiamo spesso ribadito l’importanza di essere archeologi. Da quando abbiamo iniziato a lavorare con il CAD abbiamo privilegiato la dimensione applicativa a quella riflessiva, convinti del dover “piegare” le tecnologie alle nostre metodologie.
Simplicio: Questo l’abbiamo fatto seguendo l’insegnamento dei nostri maestri, e della convinzione della inviolabilità della nostra metodologia. Abbiamo difeso la nostra metodologia dalle aggressioni tecnologiche!
Salviati: Forse chiudendo precocemente, per timore o per ignoranza, una serie di porte alla riflessione. Di fatto abbiamo lasciato che le tecnologie si muovessero nel campo dell’archeologia, senza avere la forza, o prima ancora l’intuizione, di provare a trascinarle nel nostro campo d’azione.
Simplicio: Ma le tecnologie non devono sostituire le nostre metodologie!
Salviati: Ma è vero che possono modificarle, e migliorarle. Possono rivoluzionarle, forse, ed il rischio maggiore è non governare il cambiamento. Vi faccio un esempio. Tu, Simplicio, citavi i nostri maestri: ebbene, quello che è stato ottimamente definito il “metodo della tipologia” ci insegna quali sono gli elementi da tenere in considerazione nello studio tipologico dei materiali ceramici, diciamo pure dei cocci. Tu li conosci meglio di me, che non li ho mai potuti soffrire ...
Simplicio: Sappiamo che diametro, orlo e inclinazione sono i parametri morfologici fondamentali di classificazione, cui si sommano altri elementi quali le argille, ecc. Sono questi i termini di raffronto che permettono di distinguere i tipi, e le funzioni, dei vari oggetti.
Salviati: Esatto. E tutto ciò che è morfologia dunque confluisce normalmente in un disegno, che nelle nostre regole di edizione è il sistema di codifica più usato per la comunicazione rapida e universale  dei reperti archeologici.
Simplicio: Il disegno della ceramica dimostra bene la giustezza del ragionamento dei nostri maestri. La codifica è studiata per comunicare immediatamente gli elementi principali degli oggetti, in poco spazio, in modo chiaro e semplice. Il disegno aggira inoltre i problemi di classificazione (pentola/olla/tegame ecc.), e di fatto consegna al lettore un’interpretazione ricostruttiva di un oggetto. E’ il frutto di una interpretazione, e i nostri maestri ci hanno giustamente fatto notare come il disegno delle cose archeologiche sia un lavoro di scelta, e di traduzione, in tratti piuttosto che in parole, di un oggetto fisico.
Salviati: ... che spesso risulta poco affidabile e poco trasparente per quanto riguarda la corrispondenza delle misure del frammento originale.
Sagredo: Ma quale aiuto mi può dare la tecnologia? Devo disegnare montagne di cocci! Ho sentito di alcuni esperimenti sul Laser Scanner applicato al disegno della ceramica ...
Simplicio: Le prime sperimentazioni di Laser Scanner applicato al disegno archeologico sono poco convincenti soprattutto perché il processo si dimostra molto lento, se paragonato al normale disegno. Nel tempo necessario ad un processo completo di scansione ed editing di un singolo frammento, tu, Sagredo, che sei un bravo disegnatore realizzerai forse più di 20 disegni! Alcuni hanno fatto degli esperimenti su questo.
Sagredo: Allora il Laser Scanner non serve a disegnare la ceramica, peccato, ne abbiamo qui uno nuovo, che abbiamo vinto su internet*!
Simplicio: Non solo: l’output finale richiede anche la vettorializzazione in CAD e l’intavolazione, se si desidera avere per esito finale il “disegno archeologico della ceramica” come ormai abbondantemente standardizzato.
Ancora: non è preciso, perché l’inclinazione del frammento per esempio, è un problema che il laser scanner non permette di risolvere. Insomma è discrezionale, così come lo è nel disegno manuale.
E infine: il rilievo con laser scanner non prevede fasi analitiche di lavoro e di decisione. Ogni sezione disegnata di un pezzo sarà diversa dalle altre, e questo rappresenta un problema di non poco conto: perché non è un problema di precisione ma di assenza di interpretazione. Come dicevamo prima, il disegnatore è un traduttore, e come tale opera scelte, che lo strumento non fa.
Salviati: E non potrebbe fare.
Simplicio: Tutto questo dimostra che la metodologia dei nostri maestri è perfetta e ragionevole! E se uno strumento non è in grado di aiutarci ad ottenere i nostri risultati, per quanto innovativo e sbalorditivo, deve essere rigettato.
Sagredo: Mi sembra di capire che usare il Laser Scanner per “disegnare” la ceramica sia come sparare con un cannone alle farfalle; allora scusatemi, mi rimetto a disegnare, qui inizia a fare freddo ...
Simplicio: Certo, non vale la pena di spendere tanto denaro e tempo per avere un disegno!
Salviati: Ma no! L’errore vero è ritenere che l’unico esito utile per lo studio della ceramica sia un disegno, semplificato, bidimensionale e per giunta codificato!
Io vi chiedo invece di provare a ragionare a ritroso; proviamo a partire dal punto di arrivo. Il “disegno archeologico della ceramica” è davvero il fine da raggiungere, l’insostituibile traguardo?
Proviamo dunque a immaginare un percorso nuovo, che permetta di sfruttare adeguatamente la mole di dati prodotta da una scansione. Sarebbe sbagliato pensare che il Laser Scanner non serva a nulla, ma più sbagliato ancora costringerlo a fare cose inadeguate, come un disegno ...
Simplicio: Ma abbiamo iniziato il nostro dialogo assumendo che un disegno è indispensabile, perché è facilmente comprensibile, universale, e contiene in sé i risultati di uno studio! Basta imparare un semplice codice di lettura (vista interno/esterno, orlo, inclinazione, ecc.).
Salviati: Ma un modello tridimensionale è ancora più comprensibile! Non è codificato, è più vicino alla comprensione naturale della realtà.
Ti chiedo allora di rimando se sei soddisfatto di sfogliare pagine e pagine per trovare confronti, e non ti sei mai immaginato qualcosa che ti semplificasse la vita. Qual è l’oggetto del desiderio? Che caratteristiche ha?
Forse non è solo un disegno, ma noi lo identifichiamo con il disegno, perché non abbiamo il coraggio o la fantasia di guardare più lontano.
Sagredo: Ecco cosa mi tornerebbe davvero utile! Uno strumento che mi aiutasse a capire, a studiare, a confrontare.
Salviati: E allora che cosa aspettiamo a realizzare un modello 3D dei reperti! E, soprattutto, a chiedere alle tecnologie non solo di rendere più rapido e più preciso il processo di disegno, ma di realizzare degli strumenti di fruizione del modello stesso, che rendano trasparente il processo di ricostruzione e che giustifichino il tempo impiegato nell’acquisizione.
Sagredo: Che bello sarebbe avere un visore, una specie di modello interattivo degli oggetti, in cui fosse possibile tracciare sezioni infinite, e provare tutte le inclinazioni che il frammento suggerisce, o i possibili diametri ...
Simplicio: Ma si dovrà pur sempre stamparli!
Salviati: ... oppure potremmo fermarci a riflettere che stampare i disegni non è l’unico fine del lavoro sui materiali, e che magari una banca dati accessibile e “visitabile” in 3D in tempo reale vale più di un articolo pubblicato.
Sai che oggi in un pdf è possibile inserire anche oggetti 3D manipolandoli?
Sagredo: ...
Salviati: Eppure snobbiamo le pubblicazioni elettroniche! Oggi ci si offre la possibilità di “stampare” tutto ciò che vogliamo, con i soli limiti della nostra capacità di immaginazione.
Sagredo: Forse allora il dialogo di oggi ci aiuta a capire come a volte siamo noi stessi a bloccare l’evoluzione della nostra metodologia, perché non sappiamo superare i nostri limiti, e in definitiva perché non la mettiamo in discussione.
SalviatiNon dobbiamo dimenticare che gli strumenti innovativi funzionano solo per produrre risultati innovativi, non per fare meglio il solito lavoro. Essi ci offrono la possibilità di pensare a cosa desideriamo realizzare: sta a noi riflettere sui nostri metodi, e proporre interrogativi per migliorarli.
SimplicioL’errore più grosso dunque lo commettiamo quando, pensando di difendere la metodologia, non riusciamo a cogliere le soluzioni che la tecnologia ci può offrire, ma soprattutto quando non riusciamo a stimolare le tecnologie a trovare soluzioni, che è quello che sanno fare meglio.
Sagredo: ... insomma, per prendere le farfalle, un semplice retino è ancora oggi la scelta migliore!


 FINE



* Questo è proprio vero!

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