giovedì 14 febbraio 2013

Tutti gli uomini del presidente

L'ultimo post 'italiano' di P&F risale all'inizio della campagna elettorale. Non è un caso. In queste settimane siamo stati il più possibile attenti ai movimenti della politica intorno ai temi della cultura e abbiamo seguito con interesse le iniziative e i commenti che in rete cercavano -con evidente difficoltà- di rinvenire almeno le tracce dei temi culturali nei programmi delle formazioni politiche.
Risultato, a una decina di giorni dalle elezioni: è inutile affannarsi, stiamoci tranquilli, perché la cultura non va d'accordo con le campagne elettorali. Non serve; non fa audience, non "prende". Non interessa. Forse non sono poi tanto rari quanti ritengono che con la cultura non si mangia ... Sono pochissimi infatti i casi di concretezza su questo tema e perlopiù sono dovuti alla coscienza e alle competenze di singoli candidati.
Inutile meravigliarsi, però, che il tema della cultura rimanga marginale. Questo paese, che avrebbe bisogno di ripensarsi profondamente e radicalmente, è invece in balìa ancora una volta di un disordinato circo di audaci promesse e raffinati equilibrismi. Bella risposta a quanti si aspettavano di entrare nella terza repubblica. Concentrate nella ricerca della ennesima soluzione ai 'problemi veri e profondi del nostro paese' (scil. l'IMU), le macchine del consenso non hanno molto tempo per il resto. E, ovviamente, neanche per la cultura, compressa nel rapido qualunquismo di questi giorni.

Un esempio? Leggete le risposte alle "5 domande su cultura e sviluppo" poste ai candidati premier dal Sole24ore negli scorsi giorni (trovate il link a fondo pagina).

Ma prima, se avete un altro minuto, giocate con me al

CHI-HA-DETTO-COSA

Come si gioca:
di seguito trovate 2 delle 5 domande, e le risposte dei 5 candidati premier, rigorosamente anonime. Provate a indovinarne l'autore.

Domandone iniziale, probabilmente un po' retorico:
Gentile candidato premier, se vincerà le elezioni, intende aumentare le quote di Pil destinate alla cultura, alla ricerca, all'istruzione e alla valorizzazione del patrimonio storico-culturale e paesaggistico portandole ai livelli degli altri Paesi europei e dei Paesi economicamente più sviluppati? Oppure non lo ritiene possibile o necessario?

1. "Occorre aumentare le quote di Pil nel comparto cultura, ricerca, istruzione e tutela del patrimonio paesaggistico".

2. "L'Italia ospita un immenso patrimonio culturale, abbiamo centri di assoluta eccellenza scientifica e tecnologica, la nostra industria dello spettacolo è una delle più rinomate nel mondo, eppure la percentuale di Pil investita è scandalosamente irrisoria".

3. "In Italia la quota di Pil da cultura in senso ampio è del 5,4 per cento. Gli occupati del settore in Italia sono oltre 1 milione, con una crescita annua dello 0,8% fra il 2007 e il 2011, a dimostrazione della capacità della cultura di essere anticiclica rispetto al calo dello 0,4% complessivo. Dovrebbe essere vista, a cavallo tra turismo, stile e made in Italy, come un moltiplicatore di risorse."

4. "Sicuramente l'adeguamento dei fondi al ministero dei Beni Culturali e alla ricerca (...) è tra le priorità che un futuro Governo deve porsi per tornare a un livello più prossimo a quello degli altri Paesi europei".

5. "Certamente sì. Non è possibile detenere il più grande patrimonio culturale nel mondo e spendere per salvaguardare e valorizzare questo bene inestimabile meno degli altri Paesi".

Altra domanda, questa volta sui temi della ricerca e dell'innovazione:
A fronte del fatto che secondo numerosi e accreditati studi non c'è sviluppo economico e sociale costante in un Paese che spende meno del 2% di Pil in ricerca e innovazione e che non valorizza, anche economicamente, il ruolo dei giovani ricercatori, che cosa intende fare per fermare il declino della ricerca italiana, l'emorragia di giovani ricercatori e il disinteresse dei ricercatori stranieri nei riguardi del sistema italiano della ricerca e dell'innovazione?

1. Per fermare il declino non bastano soltanto maggiori risorse. L'esperienza kafkiana dei ricercatori alle prese con le burocrazie ministeriali richiede interventi radicali per "il diritto alla semplicità", con standard europei (tre esempi: portale unico per tutte le informazioni e gli strumenti; presentazione delle proposte online; anticipo di parte del finanziamento per permettere ai ricercatori di dedicarsi da subito ai progetti). Poi, bisognerebbe cambiare paradigma: dalla "fuga" alla "circolazione dei cervelli". 

2. Cultura e ricerca sono due concetti profondamente collegati e fondamentali per il futuro del Paese, ed entrambi contribuiscono all'innovazione. La ricerca italiana deve essere sostenuta anche partendo da bandi competitivi. Bisogna premiare il merito affinché i bravi ricercatori (che sono molti) siano incentivati a dare il meglio.

3. Innanzitutto non bisogna disperdere le risorse in mille rivoli e indirizzarle invece verso centri e progetti di eccellenza. L'Italia può riprendere un posto importante nella competizione economica internazionale se sfrutta adeguatamente le sue facoltà creative e scientifiche al servizio dell'economia e del progresso civile del Paese. A questo fine è necessario privilegiare il merito per evitare che le nostre migliori energie siano costrette a trovare all'estero le condizioni migliori per manifestare il proprio talento.

4. Chi verrebbe a studiare e fare ricerca in un Paese che non è in grado di assicurare una prospettiva ai suoi ricercatori? I nostri vanno all'estero, ma nessuno o quasi viene in Italia. Per questo occorre restituire all'università e alla ricerca le risorse tagliate negli ultimi anni.

5. In primo luogo, occorre introdurre meccanismi di valutazione della performance e meritocrazia nell'ambito dell'università e della ricerca. Chi produce di più – sia nella ricerca sia nella didattica – deve veder riconosciuto il suo impegno. Ciò deve valere sia a livello di individuo, sia a livello di dipartimento. Inoltre, è importante introdurre meccanismi di peer review che consentano di razionalizzare il finanziamento dei progetti di ricerca. Bisogna sforzarsi di aumentare le risorse a disposizione dell'università.

Che ne pensate? Sono tutte sintesi di concetti generali su cui nessuno può dire di non essere d'accordo. In queste sintesi manca un'idea vera, un punto di vista strategico; manca un'anima.
Qualcuno ci salverà da tutto questo squallido buonsenso? Qualcuno ci proporrà delle vere idee, una linea, una prospettiva, su cosa va fatto e cosa no, e come, e quando?

- - -

Per le altre 3 domande e relative risposte vi rimando qui, al sito del sole24ore.

Ecco invece le risposte esatte al nostro gioco:
Prima domanda: 1 Bersani; 2 Ingroia; 3 Giannino; 4 Monti; 5 Berlusconi
Seconda domanda: 1 Bersani; 2 Monti; 3 Berlusconi; 4 Ingroia; 5 Giannino

Calcolate 1 punto per ogni risposta esatta.
0-5 punti: cambiate paese, o, se lavorate nei beni culturali, fatevene una ragione.
6-8 punti: siete davvero molto ottimisti.
9-10 punti: siete il ghostwriter di uno o più dei candidati premier

PS: non dimenticatevi di votare P&F per i Digital Humanities Awards. Mancano solo pochi giorni!


2 commenti:

  1. Eh, mio caro Giuliano, con la cultura non si fa audience perchè i politici pensano che con la cultura non si faccia audience, perchè a loro non interessa, non la considerano prioritaria e pensano che così vada il resto dell'Italia. Ma è così davvero? Sarò foolish, ma io credo di no ;)

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  2. Per chi vive nel mondo della cultura, dei beni culturali ecc. è evidente che la politica non rappresenta più un bel nulla. Sono decenni che in questo campo assistiamo a uno sciagurato declino, e non parlo di fondi, ma di idee e prospettive. C'è un bisogno profondo di politica, di buona politica però. Di cose che nel mibac forse non si sono mai viste. E che chissà se è quando vedremo ...

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