lunedì 22 ottobre 2012

L'insostenibile accuratezza dell'essere archeologo

Tutti abbiamo assistito (e probabilmente preso parte) nel recente passato a presentazioni di modelli accuratissimi, di oggetti antichi, reperti archeologici e monumenti, ammirandone con stupore la precisione submillimetrica, la fedeltà di riproduzione, le potenzialità di condivisione.

L'ostentazione della precisione è diventata 'di moda' con la stagione del cosiddetto rilievo informatizzato, quando, a cominciare dall'apparizione delle stazioni totali sui cantieri di scavo intorno agli anni '90 del secolo scorso, le tecnologie di rilievo digitale si sono enormemente diffuse fra gli archeologi. 
Successivamente si è fatta strada la terza dimensione, la frontiera della replica virtuale, e la diffusione degli strumenti di scansione e rilievo 3D.


Ora, è fuori discussione che un rilievo preciso possa servire a tante cose, e sia uno strumento fondamentale per l'analisi dei monumenti, il monitoraggio, la sicurezza ecc. ecc. e che avere a disposizione strumenti e tecnologie per realizzarlo 'meglio', ovvero più rapidamente, con più precisione e maggiore flessibilità sia un risultato eccezionale.
E' anche vero però che, sia esso in due o tre dimensioni, un rilievo non è che un'immagine di uno stato di fatto. E, in archeologia, le condizioni di conservazione non sono che un elemento di un gioco molto più complesso, di ricostruzione, ricomposizione, ipotesi, confronti.

Che la stratigrafia sia un'entità multidimensionale è inoltre per un archeologo la scoperta dell'acqua calda; che essa possa essere documentata in tre dimensioni in modo più efficace rispetto a come si fa oggi è una straordinaria novità che avvicina le soluzioni tecniche (pratiche) alle istanze (teoriche) della metodologia.

Ma la precisione millimetrica non è mai stata un'istanza dell'archeologia stratigrafica, orientata più all'alleggerimento delle informazioni in vista dell'interpretazione che alla registrazione dello stato di fatto di un bacino stratigrafico. Gli archeologi non sono ragionieri che devono classificare e mantenere in ordine i registri dei propri dati, o notai, che devono conservarli, né tantomeno sceriffi che devono proteggerli, ma piuttosto professionisti di un mondo sospeso fra tracce e immaginazione.

Speriamo di non dover più assistere a presentazioni di tecnologie di precisione "al servizio dell'archeologia", in cui all'archeologo è riservato il ruolo del pedante misuratore di frammenti.

E speriamo che gli archeologi dal canto loro sappiano capire, e di conseguenza spiegare, che gestire la complessità del proprio orizzonte di conoscenza è cosa diversa, e ben più importante, rispetto ad ostentare la precisione dei propri dati (e per fortuna alcuni esempi intelligenti di comunicazione si iniziano a vedere, anche se fuori dai grandi circuiti!).

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...