giovedì 11 aprile 2013

Tutti i santi giorni


Lunedì si svolgerà a Foggia l'incontro promosso dall'ANA "l'archeologia di tutti i giorni". Mi preparo a fare una introduzione e portare il punto di vista dell'Università, ovvero di chi ricerca per innovare e di chi ha il compito di formare le nuove generazioni di professionisti.
Di qui vorrei partire lunedì, e chiedermi quali miglioramenti nella vita dei professionisti le nostre ricerche, le nostre sperimentazioni e la nostra didattica abbiano sinora apportato:




1- L'archeologia, le tecnologie. E' vero, è nata una dimensione sociale dell'archeologia (ora, che facebook possa essere considerato qualcosa di sociale al di là della definizione è tutto da vedere ...), e l'archeologia si fa in realtime; ma quali miglioramenti, quali rivoluzioni sono state apportate nel lavoro di tutti i giorni dalla stagione delle 'applicazioni informatiche' ad esempio? Per chi lavora tanto sugli scavi, ed è protagonista di quella dura archeologia quotidiana che cosa è cambiato realmente? Ad esempio delle riflessioni metodologiche e delle innovazioni tecniche e tecnologiche quanto risulta utile alla dimensione professionale? Quanto è effettivamente richiesto sui cantieri?

2- Creare sviluppo e lavoro. Come non essere d'accordo? Ma qualcuno ha delle proposte concrete su come fare? Io credo che riusciremo a fare dell'archeologia un motore di sviluppo costruendo un contesto in cui si guardi oltre i rilievi, la sorveglianza sui cantieri, gli scavi di emergenza e la schedatura dei materiali e le altre mansioni per le quali i nostri archeologi sono obiettivamente sovraspecializzati. In cui si guardi alla formazione di nuove professionalità e non solo al riconoscimento di una professione.

3- La mia generazione non ha mai dovuto affrontare questi problemi, presa dal 'sacro fuoco' della passione del volontariato archeologico, salvo poi crescere e imparare che il mondo è complicato, molto più di rispetto a quello che ti immagini, e soprattutto rispetto a quanto ti hanno insegnato; e inizi a capire che non ci si può fermare nell'aggiornamento e nell'innovazione, perché si deve contribuire a trasformare il nostro patrimonio culturale da costo a risorsa, in maniera profonda e strutturale, in modo che divenga un tassello importante di una economia moderna e sostenibile. 
Non viviamo infatti in un universo parallelo. Quindi è indispensabile anche per gli archeologi porsi il problema delle ricadute sociali e civili delle proprie azioni. E andare oltre la convinzione di avere come scopo l'arricchimento della coscienza dei popoli o la tessitura dei rapporti con il passato, o altre banalità di stampo idealistico di cui francamente è satura l'aria.

Ne parliamo lunedì

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