martedì 25 giugno 2013

intrigo internazionale - aggiornamento

Vi ricordate intrigo internazionale? Non il film ovviamente, ma il post di qualche mese fa ... Se volete rileggerlo seguite questo link. Poi tornate a questa pagina, e continuate la lettura.
Se invece non avete tempo o siete semplicemente troppo pigri per cliccare su un link, ve lo riassumo: si discuteva di presunti primati italiani riguardo il patrimonio culturale, prendendo le mosse dal più classico dei parametri, ovvero il numero di siti UNESCO di ogni nazione. E si finiva col rigettare il mito della nostra supremazia, in quanto costituisce un orpello non solo inutile, ma come spesso succede per i miti, oltremodo dannoso. Da decenni questo  stereotipo avalla un atteggiamento antiquato nei confronti del nostro patrimonio culturale e di conseguenza determina l'incapacità di creare sviluppo in questo settore.

Ebbene, questa domenica è stata pubblicata la lista dei 19 siti aggiunti al prestigioso elenco per il 2013, a conclusione dei lavori del 37° World Heritage Committee (qui un commento da Repubblica).

In questo breve post aggiorniamo solo le cifre: 2 nuovi siti italiani su 2 candidati, un successone!
... che però ripaga solo in parte il secco 0 portato a casa sia nel 2012 che nel 2010. Se quest'anno lasciamo quindi al palo i nostri più vicini inseguitori (Spagna e Francia), che rimangono a bocca asciutta, con un certo timore iniziamo a sentire il fiato sul collo di diversi outsider.
Uno in particolare. Se infatti estendiamo l'analisi all'intero decennio 2003-2012 è evidente l'exploit della Cina, che anche quest'anno piazza una doppietta (come nel 2006, 2007, 2008, 2010 e 2012), dimostrando una continuità straordinaria di risultati. Il gigante asiatico ottiene infatti un risultato a due cifre nell'ultimo decennio (15 segnalazioni, contro una situazione praticamente equivalente della vecchia Europa: Italia 8, Francia 9, Spagna 6, Germania 9), dimostrando non solo un'impressionante crescita ma anche ottime capacità nel promuovere la propria immagine. A quando il sorpasso?

Ma soprattutto quanto a lungo continueremo a crogiolarci nel comodo mito della nostra supremazia?

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